L’Agnello che toglie i peccati del mondo
Nell’ultima settimana prima della Pasqua una persona su tre tra quelli che conosciamo farà in modo di far sentire le altre due spregevoli se durante il pranzo del giorno di Pasqua mangeranno agnello o capretto, teniamo conto che in Italia più del 6% (è una stima al ribasso) della popolazione non mangia carne per questioni etiche, aggiungiamo quelli che non mangiano carne perché adesso è di moda ( ammettiamolo) e quelli che scelgono un pranzo cruelty free per l’occasione pasquale perché si sentono persone migliori: conti alla mano, il giorno di Pasqua avremo la ragionevole certezza di sedere accanto a qualcuno con cui discutere del mangiare o non mangiare agnello, diciamo anche discutere in generale di etica, consapevolezza e rispetto.
Mangiare carne in modo consapevole significa avere rispetto , in qualche modo significa farlo con devozione, senza abusarne e con riconoscenza, un tempo il contadino quel rispetto l’aveva , nei confronti dell’animale allevato, tenuto caro più di un figlio, e macellato per il sostentamento dell’attività, oggi il rispetto lo si esercita avendo le informazioni e potendo scegliere una filiera di qualità che coinvolge gli allevamenti sostenibili che garantiscono agli animali una vita dignitosa e salutare in tutte le sue fasi.
Se questo è vero sempre, lo è specialmente a Pasqua, quando la frizione tra gli schieramenti salva-agnelli da una parte e mangia-agnelli dall’altra diventa estrema…..
Diciamo che l’etica dell’onnivoro è alquanto soggettiva, specie a Pasqua, ci si può imbattere in persone che non mangiano agnello perché “poverino”, però senza nemmeno pensarci le stesse persone comprano fettine di petto di pollo al supermercato senza riflettere che quel pollo – comprato spesso al volo , perché abbiamo una fretta indiavolata , è figlio di un allevamento intensivo che gli ha tolto qualsiasi dignità…tornando all’agnello credo sia abbastanza facile sollevare l’indignazione sfruttando l’ignoranza (nel senso della non conoscenza di un tema) della gente, d’altra parte spesso funziona così l’opinione pubblica.
Proviamo a guardare all’agnello come il prodotto della pastorizia e la pastorizia come una delle attività nobili, dell’uomo.
Esiste il paradosso dell’agnello , che non vale naturalmente per chi, per forza di cose, vuole inventarsi un mondo di buoni buoni e di cattivi cattivi, in modo da sentirsi sempre dalla parte dei buoni buoni…..
Chi apprezza la pastorizia dovrebbe essere grato , della gratitudine di cui si parlava prima, insieme al rispetto , che si mangi l’agnello a Pasqua, non solo per amore della terra ma perché in certe zone , se mancasse la pastorizia, significherebbe la rovina economica della terra che la sostiene.
Cosa succederebbe se nessuno mangiasse più gli agnelli?
Non è una provocazione , ma piuttosto una riflessione da porsi , fuori dall’emotività del momento.
Intanto bisogna sapere che ad essere sacrificati sono gli agnelli maschi, se nessuno dovesse mangiare questi agnelli, essi si trasformerebbero in pochi anni in montoni, tuttavia un gregge di montoni non si è mai visto, nessun pastore potrebbe mantenere un gregge con tanti montoni, perché entrerebbero in competizione per il cibo con le pecore e gli agnelli.
In pratica, il gregge collasserebbe, e ne pagherebbero le conseguenze pecore e agnelli, gli anelli deboli, che morirebbero di fame. Le pecore non mangerebbero abbastanza erba per produrre il latte.
Ecco perché vengono sacrificati gli agnelli maschi, e sarebbe un ignobile spreco se venissero uccisi senza essere consumati.
Se nessuno dovesse mangiare gli agnelli, essi verrebbero dati ai cani, o abbandonati ai corvi, alle volpi e ai cinghiali che li mangerebbero vivi appena nati, perché l’allevatore non è in grado di mantenerli.
Solo nella prospettiva che ci sia qualcuno che consumi quella carne, all’allevatore è data la possibilità di mantenere vivi gli agnelli per quei mesi in cui possono vivere liberi e felici.
Da migliaia di anni è nata una simbiosi particolare, tra l’uomo, il cane, e la pecora selvatica, simile al muflone. Il cane proteggeva il gregge dai suoi predatori per questo il gregge stava unito e compatto, e l’uomo procurava il cibo per tutti, in cambio del prelievo del latte e di un po’ di carne per il suo sostentamento. Questo ciclo vitale dura dal neolitico e unisce, con la comunione della carne, queste tre specie animali, tanto da entrare nella mitologia simbolica della religione.
L’agnello con il suo sacrificio, toglieva i peccati del mondo perché teneva simbolicamente in piedi il ciclo vitale delle cose.
Certo l’uomo di oggi, nel suo comodo divano, tra le pareti domestiche, davanti al tablet o al televisore, abituato a mangiare cibi in scatola che non devono, per cultura, avere forma e neppure il sapore di animali o piante, si è talmente allontanato dalla natura che il meraviglioso ciclo naturale delle cose, non è più in grado di comprenderlo.
Se nessuno consumasse agnelli, non potremmo comunque evitare la loro nascita, ma essi non vivrebbero neppure quei pochi mesi che gli vengono dati, che sono uno scampolo di vita felice strappata ad un destino altrimenti più crudele e ingiusto.
Comprendere questo è semplicemente ragionare in modo logico, una riflessione semplice ma compiuta, inclusa quella parte finale che l’uomo moderno , lontano dal ciclo della natura non vuole vedere, perché preferisce i finali a lieto fine, anche se impossibili.
L’uomo lontano dalla natura, quello seduto sul suo comodo divano, tende a spezzare il ciclo naturale delle cose, soprattutto non vuole concludere le riflessioni, le lascia a metà , così il pensiero non è più circolare, ma come fermo a mezz’aria e restando incompiuto, lascia insoddisfatti e frustrati , genera quell’ansia che nessun divano riesce a quietare, anzi, la amplifica , paradossalmente.
A cura di Rita Cavalca
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