Inizio questa testimonianza dicendo che non c’è peggior malato di chi non vuol guarire. Perché lo stare bene è una dura lotta, che alle volte va contro la società in cui si vive.
Partiamo dal principio. Mi chiamo Silvia, ho 30 anni e da circa due anni e mezzo seguo l’emodieta del gruppo A. Fin da bambina mostravo segni di facile irritazione della pelle (es: dovevano mettermi i pannolini in cotone). Ero una bambina molto vivace e dormivo poco. Sono cresciuta con latte artificiale e, dopo lo svezzamento, la mia alimentazione è stata sempre molto controllata: niente omogenizzati ma frutta, verdure, carne e pesce passati, pasta tutti i giorni. Ero una bambina considerata sotto peso, mangiavo poco e spesso mia mamma cercava di darmi più cibo rispetto alle mie reali necessità, con risultati controproducenti. Crescendo sono rimasta magra e longilinea e ho sempre praticato molto sport. Mangiavo di tutto: la sera solitamente verdure e proteine (spesso carne rossa o minestrone con le patate), a pranzo pasta con un secondo composto da uovo, pesce e carne cotti in tutti i modi. Non mancavano formaggi e pane. Le merende erano costituite principalmente da merendine e dolci.
I miei problemi iniziarono circa all’età di 16 anni. Prima di tutto ero assolutamente convinta di dormire male. Mia mamma, molto propensa all’ausilio di pratiche mediche non convenzionali, mi portò da un omeopata che mi diede diverse terapie, ma non notavo grossi cambiamenti del sonno; inoltre il mio umore, in fase adolescenziale, era diventato ingestibile. Seguirono il primo rapporto sessuale e la decisione di prendere la pillola anticoncezionale (che ho preso dai 17 fino ai 23 anni). Intorno ai 17 anni cominciai a soffrire di pruriti vaginali, soprattutto dopo o durante i rapporti. Mi dicevano fosse candida, mi imbottivano di lavande, pasticche da inserire in vagina, antimicotici e fermenti lattici. Ma nulla cambiava: i pruriti e i fastidi peggioravano e la ginecologa decise di operarmi facendo un piccolo taglietto sulla zona della forchetta, per eliminare una “protuberanza” che poteva causare fastidi durante i rapporti. Avevo 21 anni. Intanto la mia dieta non era cambiata, anzi: spesso ero a pranzo fuori, quindi mangiavo hamburger, patatine fritte, pizza, pasta, panini ripieni e molti dolci cremosi e formaggi stagionati. Per non parlare della colazione, composta dal classico latte e cacao con biscotti o cereali (nei periodi natalizi arrivavo a ingurgitare anche 3 fette di pandoro inzuppato nel latte e caffè!!).
Dopo l’operazione iniziai a stare relativamente meglio. Eppure, già a partire dai miei 23 anni le cose iniziarono di nuovo a peggiorare. E molto. I dolori nella zona vulvare erano più insistenti, non solo durante o dopo i rapporti. Erano costanti e continui nel corso della giornata e la zona interessata arrossata. Ho fatto milioni di tamponi, analisi, cambiato tantissimi ginecologi e terapie. Finché il mio omeopata iniziò, a seguito di una mia osservazione (“Quando mangio il pane sto peggio”) a togliermi i latticini e i lieviti. Poi gli zuccheri. Notai un primo miglioramento. Ma non bastava. Inoltre, la mia ignoranza mi portava ad eliminare il latte la mattina, sostituendolo con thè nero, ma non i formaggi o i biscotti o lo yogurt. Da lì però iniziai a notare la connessione tra alimenti e stato di salute. Ma non riuscivo bene a capire cosa realmente mi facesse peggiorare. Decisi così di diventare vegetariana. Difatti avevo iniziato ad indagare su candidosi e combinazioni alimentari: su internet avevo trovato un articolo in cui si diceva che una dieta con legumi e verdure era consigliata per debellare questo fungo. Persi almeno 2-3 kg, ero magrissima e avevo poche energie. Facevo yoga e sport dolci, ma tutto mi pesava: andare a lavoro, in palestra, uscire. E comunque i fastidi non sparivano, al massimo diminuivano. Decisi di farmi vedere da una ginecologa mia amica. Mi disse che soffrivo di VULVODINIA, che era una sindrome difficile da curare e che una delle soluzioni più accreditate era prendere psicofarmaci antidepressivi a piccole dosi. Mi rifiutai.
Un pomeriggio rientrai a casa e mia madre mi disse di aver visto su una rete locale del Nord Italia un medico che diceva le stesse cose che avevo iniziato a sostenere io da qualche tempo: che c’era una correlazione tra cibo e stato fisico, che i vaccini erano evitabili, che le arance portavano a dolori articolari ( e io odiavo le arance! Nei periodi invernali ero obbligata a bere spremute durante il pranzo. Mi disgustavano!). Ne rimasi colpita e chiesi il nominativo. Cercai su internet, vidi i primi video e capii che si trattava di emodieta. Cosi, senza lasciare la mia dieta vegetariana, iniziai ad eliminare gli alimenti sconsigliati e mi feci spedire la dieta salute dallo stesso Mozzi, ove chiaramente c’era scritto di limitare al massimo l’uso di latticini, zuccheri e cereali. Eppure mi rendevo conto di non riuscire: avevo una grossa difficoltà a togliere gli zuccheri e quindi la seguivo in grandi linee. Essendo vegetariana, i cibi consentiti erano pochi e spesso mi buttavo su dolci e formaggi magri (ricotta o mozzarella). Decisi quindi di prendere appuntamento con il dottor Mozzi e di andare a Piacenza per una visita più specifica. La visita mi venne fissata a gennaio. Nel frattempo la mia ginecologa mi fece intraprendere un percorso di agopuntura unito ad omeopatia, ma non portò a nulla: in alcuni periodi miglioravo, in altri peggioravo. L’unico veto posto al medico era di non cambiarmi la dieta. A gennaio incontrai il dottor Mozzi: dissi che avevo la vulvodinia, quali fossero i sintomi. Fu molto chiaro: dovevo eliminare latte, latticini e derivati, tutti; mangiare pochi cereali, diminuire la frutta e gli zuccheri drasticamente; prendere acqua e limone la mattina a digiuno e bere lontano dai pasti; in caso di candida, fare delle lavande con calendula. Tornai a casa e provai, unendo la terapia all’agopuntura, ma per molto tempo feci la dieta a mozzichi e bocconi.
Dopo un anno la situazione non migliorava. Decisi quindi di andare da un’altra esperta di vulvodinia, che fu molto drastica: sarei peggiorata, il pavimento pelvico era molto contratto e sarebbe andato peggiorando. Unica soluzione: psicofarmaci presi a piccole dosi per alleviare il dolore. Uscii da quella visita distrutta e decisi, forse proprio allora, che era il caso di iniziare la dieta seriamente. Lasciai l’agopuntura e iniziai a non mangiare più latticini, a eliminare i dolci e a mangiare più proteine: principalmente pesce e qualche volta carne bianca. Consegnai a tutte le mie amiche una copia della dieta e di ciò che potevo mangiare chiedendo di cucinare solo cose consentite quando mi invitavano a pranzo e cena da loro. I benefici furono quasi immediati. Nel frattempo avevo anche iniziato un’altra terapia, chiamata CRM, che sicuramente mi ha aiutato a livello posturale. Pensai di poter mangiare di nuovo tutto, ma riprovavo e di nuovo ricadevo nel dolore. Lasciai anche questa ultima terapia e da un anno mi dedico esclusivamente alla dieta.
La mia alimentazione è completamente cambiata. Prima di tutto mangio la quantità di cibo che mi occorre. La mattina mi alzo e bevo acqua e limone mezz’ora prima della colazione. In estate solitamente mangio frutta e uovo alla coque con caffè di cicoria, mentre d’inverno le colazioni diventano più proteiche: crepes di quinoa con burro di mandorle o schiacciata di zucca o pesce spada/tacchino tagliati molto sottili con carote. A pranzo mangio legumi (lenticchie, cannellini, piselli, fave, cicerchie, fagioli dell’occhio) con verdure e pesce consentito (sarde, sgombro, merluzzo, salmone, pesce di acqua dolce) cotto sulla griglia, al forno o lesso. Il mio dolce è diventato andare a mangiare il sushi una volta a settimana per pranzo: vado in un ristorante in cui posso richiederlo con solo riso bianco, non marinato. Per cena preparo passato di verdure o altre ricette a base di ortaggi consentiti. Se ho praticato sport nel corso della giornata unisco anche poche proteine, come salmone cotto nel limone oppure dello sgombro in scatola al naturale. D’inverno amo cenare anche con il brodo di pollo. Alle volte, se non sento la necessità di mangiare, mi capita di saltare la cena. I miei spuntini sono principalmente composti da frutta secca: mandorle, arachidi, bruscolini, noci di macadamia, nocciole tostate o biscottini di cannellini, uovo e tonno. Mi concedo dei dolci consentiti (brutti ma buoni, croccante, pandolce di quinoa, torta di mandorle, cioccolato fondente, tutti fatti rigorosamente in casa), soprattutto negli spuntini della mattina e nelle stagioni non fredde, e ho notato che, rispettando le combinazioni alimentari, li tollero molto meglio. D’inverno, prima di andare a letto, sempre una bella tisana: camomilla, echinacea, salvia, melissa, rosa canina. Non più di due, tre alimenti a pasto.
Come mi sento? Molto, molto bene: il mio corpo, da sempre longilineo, è tonico e muscoloso. Sono piena di energie e faccio sport quasi tutti i giorni (corpo libero, pilates e sala pesi, sempre rispettando i miei ritmi). Lavoro all’aperto e d’inverno sopporto meglio le tante ore passate al freddo. Il mio sonno è nettamente migliorato. I pruriti nella zona vulvare sono drasticamente diminuiti, la zona della forchetta è rosea (diventa rossa o dà prurito solo quando mangio qualcosa di sbagliato o faccio errate combinazioni, come fosse un campanello di allarme del mio fisico). Le emorroidi sono scomparse. Prima avevo sempre la pancia molto gonfia, per non parlare del mio seno, gonfio e dolorante, soprattutto nel periodo pre-mestruale; ora non più. E più seguo la dieta in maniera scrupolosa, più vedo risultati.
La paura di eliminare alimenti che da sempre sono considerati benefici e la riluttanza a rinunciare alle occasioni sociali, spesso legate al cibo, erano due fattori che mi facevano rimandare la possibilità d’intraprendere una dieta ferrea e seguire tutte le indicazioni. Ma quando stai veramente male e capisci che il tuo stato fisico e psichico può cambiare, portando benefici anche su chi ti sta accanto, decidi di provare: non costa nulla e puoi renderti conto di molte cose. Riscopri il bello del mangiare a casa, del farsi il cibo da soli, impiegare meno tempo per la preparazione dei pasti. Mangiare per vivere, non vivere per mangiare sono fattori che cambiano completamente la vita di un individuo in meglio. Io ne ho ricavato grossi benefici: non prendo neanche un farmaco, non ho influenze, raffreddori, dolori articolari o ossei.
Prossimo passo: avere un bambino. Chissà… Forse questa dieta riuscirà a far sì che possa anche realizzare questo sogno…
Silvia- Roma
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