Fitati, questi sconosciuti

Forse non è noto ma la parola “integrale” è relativamente recente in  fatto di alimentazione, in poratica è in uso dagli anni ottanta, prima non esisteva proprio nè il pane integrale nè alcun tipo di cereale venduto come tale, dai libri di alimentazione ai produttori di cereali raffinati ai nutrizionisti superficiali, tutti mettevano in guardia dall’integrale a causa di una sostanza presente nei cereali integri e nei legumi: l’acido fitico, agitato come uno spauracchio e accusato di rubare calcio, ferro e altri minerali e di portare i consumatori di cereali integrali e legumi alla possibile denutrizione, all’anemia e perfino all’osteoporosi.
Adesso tutto sembra cambiato, anzi addirittura rovesciato, non c’è più l’ integralismo anti-integrale  però l’acido fitico è ancora considerato uno spauracchio, e in molti  casi è ancora utilizzato come scusa per consumare (e far consumare) pochi cereali integrali o legumi e tollerare invece pasta e pane bianchi, farine super-raffinate e riso brillato.

I cereali integrali

I cereali integrali

I motivi sono sicuramente economici (la grossa industria alimentare è poco incline ai “costosi” cambiamenti produttivi), e un poco intellettuali ( siamo poco inclini all’ammissione di errori e/o di omissioni) perciò il consumo di cereali integrali e legumi stenta ancora a decollare nell’alimentazione di massa,  l’acido fitico diciamo che serve come scusa  Ogni tanto scoppiano  paranoie su  altri spauracchi come l’acido ossalico e gli ossalati (stessi effetti dell’acido fitico) o gli acidi uronici (dalla fibra), in effetti gli studi non sono tutti allineati e molti ricercatori ammettono come alcuni meccanismi di assorbimento dei minerali di questi cibi nel nostro intestino siano ancora da approfondire, e le centinaia di studi e ricerche sull’acido fitico vanno dall’ottimismo (sembra che  una dieta ricca di acido fitico prevenga  addirittura l’osteoporosi perchè produce una maggiore densità ossea rispetto a diete povere di fitati) al preoccupato  (la possibile carenza di ferro e calcio negli anziani che consumerebbero l’integrale e i legumi, senza però andare a vedere cos’altro mangiano, anzi non mangiano) .

Antichi agricoltoriIn assonanza al dettato mozziano , ricerche confermano che l’uomo consuma cereali integrali e legumi da migliaia di anni (90.000, addirittura secondo un recente studio canadese), e a parte i casi di carestie,  non sembra che questi nostri antenati siano stati carenti di  calcio e di ferro……in compenso, l’acido fitico ha messo a segno una serie di rivincite, ad esempio  è appurato che sia  un potente antiossidante (poichè legandosi al ferro in eccesso nel nostro organismo impedisce la formazione del pericoloso radicale libero ossidrile) e un agente chelante di eventuali metalli tossici, svolgendo una potente azione protettiva anticancro.

L’acido fitico, biologicamente serve alla nascita e sviluppo del germoglio, rappresentando fino all’80% della riserva di fosforo su cui la piantina appena nata può contare finchè le radici non sono in grado di assorbirlo dal terreno. Una volta germinati i semi mettono in atto lo…sganciamennto dell’acido fitico attraverso un enzima che si chiama fitasi,  un meccanismo naturale perfetto per gli scopi biologici delle piante , tuttavia cosa succede quando noi mangiamio un chicco o un cereale…..? Intanto va detto che l’uomo non sintetizza l’enzima fitasi, ma non siamo soli in questa incapacità,  nessun animale monogastrico  la sintetizza,  solo i ruminanti ci riescono, attraverso  batteri presenti nel rumine, tuttavia la natura ci ha dato ugualmente la possibilità di digerire l’acido fitico  e i fitati in quanto l’ambiente acido e caldo dello stomaco riesce ad attivare  buona parte di queste fitasi,  alcune ricerche scientifiche  hanno dimostrato che una buona metà dell’acido fitico può essere neutralizzato già nello stomaco, e i minerali ad esso legati resi liberi; quello anche solo parzialmente degradato viene più facilmente digerito passando  nell’intestino, mentre quello rimasto integro passa indenne l’intestino tenue ma può subire un’ulteriore defosforilazione ossia rimozione del forsforo nel colon per effetto dei batteri intestinali.

Diciamo a questo punto che tutta questa  favola a lieto fine funziona solo in condizioni ottimali, ovvero quando semi e legumi sono freschi  e quando l’apparato che li digerisce è integro, ovvero ha una buona flora batterica, e diciamo anche che  l’acido fitico anche solo parzialmente degradato può essere digerito da fosfatasi presenti nell’intestino tenue che altrimenti non sarebbero in grado di attaccare l’acido fitico con tutti i legami molecolari completi.

Nel colon la popolazione batterica intestinale riesce a digerire la fosfatasi in presenza di fibre solubili che , fermentate, producono  acidi grassi a catena corta che si legano ai minerali e sono in grado di farli passare attraverso la mucosa intestinale, evitando che si leghino all’acido fitico ancora presente e rendendoli assimilabili, queste fibre sono ad esempio quelle della frutta e di molte verdure  .

Nella prossima puntata vedremo come si possono limitare gli svantaggi dell’acido fitico…….

 

Continuiamo la “saga dei fitati”vedendo  come si possono limitare gli svantaggi dell’acido fitico, per farlo dobbiamo considerare che siano nel bel mezzo di un  diatriba che la Natura ha escogitato per  preservare le piante a scapito dei predatori (gli animali e noi) e nel farlo in qualche modo  seleziona le specie, ovvero migliora le piante perchè quelle che  risultano più forti sono quelle il cui seme ha più acido fitico e seleziona l’uomo perchè quello che la spunta sui fitati è quello che ha un sistema digerente più robusto e un colon predisposto ad accogliere una popolazione batterica intestinale adatta alla degradazione dell’acido fitico; a quanto pare il bilancio finale sulla bio-disponibilità dei minerali presenti in cereali, legumi, semi oleosi ecc deve sicuramente essere stato, nel corso dei millenni, positivo per noi, altrimenti non si spiegherebbe il normale sviluppo e mantenimento delle ossa e di altre funzioni organiche, nostri ma anche degli altri animali che si cibano di semi. Una curiosità,  in estremo oriente, in condizioni normali la soia , ricchissima di fitati non è stata mai usata al naturale ma sempre dopo trasformazioni e fermentazioni “anti acido fitico” (tempeh, natto, miso, salse varie, germogli, ecc.), poichè probabilmente nei secoli avevano già intuito le caratteristiche antinutrizionali di questo legume, così come in certe aree  del Sudamerica alcune popolazioni che mangiano in prevalenza cereali integrali e legumi senza  altri apporti nè di verdrure nè di proteine la cerenza di ferro e di altri minerali è fortemente presente.

Un modo per poter ovviare agli inconvenienti descritti  è quello di sfruttare a nostro favore la   varietà alimentare, ovvero diversificare la nostra alimentazione e intervallare l’assunzione di cereali integrali e legumi con verdura, frutta, proteine  animali.

Le fibre, soprattutto quelle solubili, presenti maggiormente in frutta e verdura,  fermentando nel colon grazie a una sana comunità batterica intestinale producono acidi grassi a catena corta (acetico, proprionico, butirrico, …) che si legano facilmente agli ioni dei minerali rendendoli assimilabili e annullando l’effetto negativo dell’acido fitico. Dunque frutta e soprattutto verdura in quantità, come sempre.

Attenzione perchè la cottura , nei cereali integrali, non degrada l’acido fitico e i fitati : un  esperimento  ha evidenziato che somministrando  crusca cruda e cotta a volontari, si è verificato  che nel primo caso fino al 60% dell’acido fitico veniva degradato in stomaco e tenue, mentre nel caso della crusca cotta la degradazione era quasi nulla, concludendo che la cottura aveva distrutto l’enzima fitasi presente nel cereale. Dunque via libera al muesli della colazione ma  stop ai cereali estrusi (soprattutto crusca) industriali.
Veniamo ai legumi: la cottura nei legumi elimina circa il 30% dell’acido fitico per effetto delle fitasi endogene attivate nella prima parte della cottura stessa, quando l’acqua (in partenza fredda) inizia a scaldarsi e se i legumi sono ben idratati. Le alte temperature successive bloccano poi le fitasi.

La fermentazione comprende diverse preparazioni: prodotti come miso, tempeh, natto nel caso della soia (fermentati con particolari funghi), o fermentazioni usate ad esempio nella cucina indiana e orientale; la fermentazione casalinga di legumi e cereali; la lievitazione del pane. Nel caso di miso, tempeh, natto, ecc. la fermentazione oltre ad attivare le fitasi endogene è fatta ad opera di funghi e batteri che producono essi stessi fitasi. In quei casi fino al 100% dei fitati viene reso assimilabile La fermentazione casalinga di cereali e legumi segue le stesse tecniche e ha medesimi risultati, ma c’è un rischio altissimo di  pericolose intossicazioni.

La lievitazione della pasta per pane, pizze, torte, focacce (integrali, ovviamente) avviene anch’essa ad opera di funghi e batteri, ma che in questo caso hanno scarsa o nulla produzione di fitasi di per sè stessi. Anche se non ci interessa più di tanto ricordiamo che nel caso del pane la lievitazione fatta con pasta madre (o pasta acida) è più efficace di quella fatta con lievito di birra per via dei tempi più lunghi,  la lievitazione deve essere lunga, non quella indotta velocemente da lieviti industriali, utilizzati da gran parte dell’industria e purtroppo anche da molti fornai

La germinazione, attiva le fitasi endogene dei semi, degradando tutto l’acido fitico. Cereali e legumi (ma anche altri vegetali) così trattati risultano di eccellente digeribilità. I semi germogliati possono poi essere cotti e in molti casi consumati crudi. E’ un processo un po’ lungo (diversi giorni) e gestibile per lo più in ambito domestico, anche se al supermercato si trovano spesso germogli già pronti.

La vitamina C inibisce il legame fra acido fitico e minerali (soprattutto il ferro). E’ uno dei meccanismi per cui gli agrumi a fine pasto raddoppiano l’assorbimento di ferro dei legumi. Peperoni o verdure ricche di vitamina C, dopo legumi e cereali integrali sono in grado di minimizzare l’effetto chelante dell’acido fitico..

Un ambiente troppo ricco di calcio limita l’azione delle fitasi,  latte e formaggi  possono  impedire l’inattivazione dal 20% al 30% del fitato presente in cereali e legumi consumati insieme, quindi attenzione al gr B …..yogurt e latte fermentato, grazie alla loro maggiore acidità, sono invece meno inibenti.

Nell’ammollo prolungato (almeno 12 ore) un po’ di acido fitico si solubilizza e rimane nell’acqua, e se l’ammollo è fatto in acqua tiepida (40°-45°) e con ph fra 5.0 e 6.0 (leggermente acida), dal 30% fino al 100% dell’acido fitico può essere neutralizzato in seguito all’attivazione delle fitasi endogene, perchè si riproduce l’ambiente adatto alla germinazione . Non bisogna esagerare nel rendere acida l’acqua dell’ammollo, altrimenti la buccia rimane dura: è sufficiente un cucchiaio di succo di limone  per ogni chilo di legumi o cereali.

Infine, una nota avveniristica: le fitasi aggiunte sono una nuova frontiera , già esistono per i mangimi animali, si stanno studiando fitasi analoghe da aggiungere ad esempio al pane o ai prodotti da forno e sono  allo studio varianti genetiche “lpa” (low phytic acid, a basso contenuto di acido fitico) di cereali e legumi per diminuire le carenze dietetiche di minerali, soprattutto pensando ai paesi in via di sviluppo.

A cura di  Rita Cavalca

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